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I Balcani sono sempre più vicini, investimenti record per le imprese

by Eurolinkgeie

La geopolitica spinge le Pmi a riscoprire i Paesi balcanici

Nel 2022 picco di investimenti: +61% verso Croazia e +76% verso Serbia che si conferma il territorio più attrattivo con 60 aziende del nordest.

di Barbara Ganz e Valentina Saini

Gli imprenditori del NordEst scommettono sempre di più sull’altra sponda dell’Adriatico. Guardano in particolare a Slovenia e Croazia, geograficamente molto vicine e già parte dell’Unione europea, ma anche su Albania, Bosnia-Erzegovina, Kosovo, Montenegro, Macedonia e Serbia. Paesi da sempre interessanti agli occhi delle aziende italiane, e in particolare di Friuli-Venezia Giulia e Veneto. Lo dimostrano i dati di Finest Spa, società finanziaria specializzata proprio nel supporto alle aziende trivenete negli investimenti in 44 Paesi. «Su 420 milioni di euro investiti dalla nostra costituzione nel 1991, più di 121 milioni, ossia il 30%, sono confluiti in progetti nei Balcani occidentali, in Slovenia e in Croazia», dice al Sole 24 Ore Eros Goi, direttore della società.

L’anno scorso è stato particolarmente significativo. Finest ha toccato la cifra record di quasi 34 milioni di euro di investimenti, un incremento del 46% rispetto al 2021, con un +61% in particolare verso la Croazia e un +76% verso la Serbia.

L’interesse per questa parte d’Europa non è nuovo: i destini dei territori sulle due sponde dell’Adriatico si intrecciano da sempre. Ma il trend è sempre più forte, alimentato dalla dinamica di regionalizzazione produttiva e nearshoring in atto già da prima della pandemia e dell’invasione russa dell’Ucraina. Lo conferma Goi, che rileva la convergenza «tra le competenze della forza lavoro locale e i settori tipici del NordEst: legno, edilizia, tessile e calzature, metallurgia, meccanica e metalmeccanica, nonché agroalimentare, ittico e settore turistico».

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Seppur con performance diverse si tratta di economie in crescita (in media del +4% l’anno scorso), con buone capacità di attirare investimenti. Sia Slovenia che Croazia vantano una presenza consolidata e significativa di aziende di Trentino-Alto Adige, Veneto e Friuli Venezia Giulia. Nella prima operano almeno 27 aziende italiane (dati ICE), soprattutto del settore manifatturiero e dei servizi, che complessivamente impiegano circa 4.800 persone.

Per quanto riguarda la Croazia, nel 2011 il gruppo veronese Calzedonia vi ha aperto un hub che, quattro anni dopo, è diventato il suo centro logistico globale. Nel 2015 il NordEst è stato l’apripista degli investimenti italiani nel polo di Labin, in Istria, dove la padovana Carel, specializzata in soluzioni di controllo per condizionamento, refrigerazione e riscaldamento, ha investito in un sito produttivo di 90mila metri quadri che oggi impiega circa 200 dipendenti.

La Serbia è prima tra i Balcani occidentali per attrattività, e appare centrale nelle dinamiche di sviluppo oltre confine delle imprese nordestine, che qui possono anche contare sulla presenza di Finest e Confindustria Serbia. È proprio dal NordEst che proviene la maggior parte degli investimenti italiani nel Paese, dove opera almeno una sessantina di aziende a capitale triveneto (dati ICE). Seguono Bosnia-Erzegovina e Albania, mentre in Macedonia e Kosovo l’interesse è ancora agli inizi.

«Per il futuro delle economie balcaniche molto dipenderà dalle singole riforme nazionali in corso e dal processo di adesione all’UE» rileva Goi.

«Albania e Macedonia del Nord hanno avviato i colloqui di adesione l’anno scorso, Serbia, Montenegro e Bosnia-Erzegovina hanno lo status di candidati, il Kosovo è considerato solo un potenziale candidato. Questi processi di integrazione porteranno stabilizzazione, e il legame con i Paesi europei, anche economico, non potrà che rafforzarsi».

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